Attentati e terrorismo: parlarne o non-parlarne con i bambini?

Le terribili notizie di queste ultime settimane ed il clima di costante allarmismo in cui viviamo tutt’oggi hanno portato molti di voi a scrivermi se e in che modo sia utile parlare di certe tragedie con i bambini.

Innanzi tutto, vi sarete certamente accorti di come attentati, attacchi e violenze siano sulle prime pagine di ogni giornale quotidianamente, nonché in televisione, per cui anche molti bambini potrebbero essersi resi conto – a loro modo – di ciò che sta succedendo, al di là di eventuali spiegazioni genitoriali. Ad ogni modo, se ciò non è ancora avvenuto, visto il clima di “bombardamento mediatico” in cui viviamo, non è detto che non possa avvenire in futuro, quindi occorre stare attenti a non cadere su alcuni errori.

Cosa fare? Ecco alcuni suggerimenti:

  • Evitare un clima di silenzio o mistero sui fatti: Le immagini molto spesso parlano piuttosto chiaramente e, se per un adulto sono fonte di preoccupazione, per un bambino possono esserlo molto di più. Tra i bisogni primari di un bambino c’è sicuramente quello di protezione, per cui sarà importante descrivere la situazione di difficoltà che stiamo vivendo in questo momento, accogliendo le sue paure ed i suoi timori, ma parallelamente facendo presente che siamo vicini a lui e che staremo insieme. Ogni evitamento o senso di mistero fa si che il bambino possa farsi un’idea sbagliata sui fatti (percepiti come pericolosamente imminenti) e sui genitori (lontani da lui nel momento del bisogno);
  • Evitare lunghe spiegazioni razionali: Uno degli errori genitoriali più frequenti nel nostro Paese è quello di pensare che possiamo parlare e ragionare con i nostri bambini come se fossero degli adulti. Perdersi in lunghe spiegazioni non soltanto risulta spesso inefficace, ma porta il bambino ad accrescere il suo bisogno di curiosità e rassicurazione, anziché ridurlo. Per quanto possiamo essere bravi nel cercare di far capire loro le cose, nessuna nostra spiegazione sarà mai tale da mettere a tacere tutti i loro dubbi e preoccupazioni. Un bambino vive soprattutto di immagini e simboli: ogni vostro abbraccio o sorriso infonderà molta più sicurezza delle vostre spiegazioni;
  • Adeguarsi all’età del bambino: Può sembrare banale, ma non lo è. Ogni nostra comunicazione, dalla più semplice alla più delicata, dovrebbe essere sempre calzata in relazione alle caratteristiche anagrafiche, situazionali ed emotive del destinatario. Il processo di riflessione condivisa, così come quello relativo alle emozioni implicate, deve essere calzato alla fase di sviluppo del bambino;
  • Evidenziare sempre gli aspetti positivi dell’argomento discusso e le risorse personali su cui è possibile fare leva: Con i nostri figli occorre evitare di mostrarci seriamente preoccupati o comunque non in grado di rispondere a qualcosa che li preoccupa. Se è vero che i nostri bambini riescono a sentirsi protetti dal nostro esser loro vicini, è altrettanto vero che sanno perfettamente accorgersi delle nostre inquietudini e delle nostre mancanze. Di fronte a certi pericoli occorre quindi mostrare vicinanza e fermezza, evidenziando capacità e risorse personali. Concentrarsi sugli aspetti negativi e drammatici, così come non sapere come andrà a finire, può facilmente portarli a sviluppare una forte angoscia con pianti, incubi e costante bisogno di rassicurazioni.

 

I bambini danno molta più importanza a ciò che i genitori fanno, che a ciò che essi dicono” M. von Ebner-Eschenbach

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