Considerare un problema esulando dal contesto in cui si sviluppa è uno degli errori che oggi facciamo più frequentemente. In Psicologia, così come nella vita di ogni giorno, ci avvaliamo della presunzione di poter generalizzare tutto, dimenticando l’unicità di virtù e risorse della persona o del sistema famiglia/scuola/lavoro in cui si manifesta la difficoltà.
In una società come quella odierna, in cui i fenomeni di massa e globalizzazione pesano sempre di più, non possiamo guardare ad un problema senza considerarne i riscontri sociali che possono esserne causa o conseguenza.
Lo sguardo dello psicologo, così come dell’insegnante o del genitore non può limitarsi agli scenari problematici del singolo, ai fini del mero etichettamento diagnostico. Spesso la sofferenza oltrepassa l’individuo, il figlio o il lavoratore, investendo il contesto sociale in cui questo vive e si colloca. Esistono molti disagi che si generano e si mantengono per contaminazione dal Mondo esterno: si pensi al precariato lavorativo, trasformato frequentemente in instabilità emotiva; oppure si consideri l’abuso dei social network, in grado di creare sempre più deserti attorno alle nuove generazioni.
Chiunque svolga una professione di natura clinica o di promozione del benessere, così come ogni individuo responsabile, oggi è chiamato a oltrepassare la dimensione del singolo, coltivando orizzonti ben più ampi. In altre parole, ognuno di noi è chiamato a guardare ai malesseri dell’intera comunità, alla crisi dell’accettazione dell’altro, alla sempre più crescente incapacità di rinnovarsi e rilanciarsi, al clima di rassegnazione che si respira in molti ambiti della vita sociale.
Il vero problema di questa mission è spesso legata all’indifferenza e all’egoismo che da anni ormai attanaglia la nostra mente e la nostra società, sempre più ripiegata sui bisogni personali, incapace di guardare oltre il proprio orticello.
Ciò nonostante, da clinici, genitori, insegnanti ed individui responsabili del proprio domani, abbiamo il dovere di chiederci che Mondo stiamo lasciando alle future generazioni e, soprattutto, abbiamo la responsabilità di adoperarci per migliorarlo come possiamo. Ognuno secondo la propria coscienza. Quella stessa coscienza che molto spesso pretendiamo dai nostri figli o dai nostri governanti.