Se dovessimo dare un giudizio sugli adolescenti di oggi, probabilmente ci verrebbero in mente molte più condanne che elogi. Ragazzi senza un progetto o un’ambizione, incapaci di definirsi e di costruire un obiettivo… Ma cosa si nasconde dietro questo modo di vivere? Cosa c’è di più?
Gli adolescenti di oggi non hanno bisogno di parole e atteggiamenti convenzionali. A loro basta guardarsi negli occhi e ammiccarsi per riconoscersi. Non fanno cene di convenienza, a cui devono pensare giorni addietro per decidere cosa mettersi e come presentarsi. Mangiano dove capita, fanno della semplicità (a volte anche troppa) la loro miglior virtù e arrivano sempre ad una conoscenza diretta, mai superficiale.
Le loro passioni ed i loro sogni durano perlopiù una giornata, quanto basta per sentire e percepire il mondo con i loro sensi. Non fanno calcoli e non si preoccupano ancor prima di mettersi in cammino. Bruciano in fretta i loro desideri, a volte perfino impulsivamente. Udito, vista, gusto, tatto e olfatto: ecco i loro strumenti preferiti. Quelli per sentire il Mondo, per gustare la vita, per respirare i brividi delle loro avventure.
Certo, ogni tanto questo modo di fare li mette di fronte a rischi non calcolati, a pericoli evitabili, a situazioni difficili: per loro fa parte del gioco.
Noi adulti aspettiamo con ansia – eccessiva ansia – il loro esame di maturità, dove questo “salto in avanti” significherebbe approdare alla razionalità, a scelte ponderate, alle mezze misure, ad un equilibrio statico…
In realtà, tutti avremmo davvero bisogno di tornare un po’ adolescenti. Le nostre preoccupazioni, i nostri equilibri bilanciati, i nostri calcoli ci hanno pian piano paralizzato le gambe. Il più delle volte riusciamo a sentirle solamente quando tremano, completamente privi della capacità di emozionarci davvero, ancora una volta, fino in fondo.
Gli adolescenti, a modo loro, ci stanno indicando un nuovo “stile di vita”. Qualcosa che dovremmo cercare di imitare per tornare a sentirci vivi e per riprendere le redini della nostra esistenza, troppo spesso equiparata ad un mero sforzo cerebrale: troppo poco per la bellezza di questo dono.