“Ti rendi conto che ultimamente non sei più carino con me?“, “Dovresti capire… proprio tu… conosci i problemi che ho in questo periodo!“, “Sei sempre nervoso, non si può mai stare tranquilli con te!“.
Quante volte queste espressioni hanno preannunciato un ormai consueto litigio di coppia? E quante volte vi siete promessi di non voler più cadere negli stessi errori, nelle stesse discussioni?
Paradossalmente, quando non riusciamo a fare diversamente, anziché intensificare i nostri sforzi verso soluzioni che non arrivano, la prima cosa da fare è bloccare ciò che finora non ha funzionato e che ci tiene ingabbiati nei soliti ritornelli. In che modo?
Già negli anni 70′, Paul Watzlawick e Don D. Jackson avevano evidenziato come la comunicazione possa avere aspetti estremamente pragmatici. In poche parole, come la nostra comunicazione influenzi i propri e gli altrui comportamenti, secondo principi di costante reciprocità. Ciò è particolarmente rilevante se parliamo di rapporti interpersonali, ancora di più se parliamo di coppie.
Questo perché parliamo costantemente e, soprattutto, perché è impossibile non comunicare!
Come noi tutti sappiamo, con l’avvento delle nuove tecnologie, la nostra comunicazione è cambiata molto: si è particolarmente velocizzata e si è andato perdendo l’aspetto più genuino, cioè il non verbale. I nostri sguardi, gli atteggiamenti che assumiamo, il tono della voce, ecc, sono tutti ingredienti fondamentali del nostro comunicare, per cui è fondamentale saperli utilizzare strategicamente.
Quali sono i principali ingredienti di una comunicazione di coppia fallimentare?
- Puntualizzare: Poche cose sanno essere così fastidiose come il sentirsi spiegare come stanno i fatti e soprattutto come dovrebbero essere. Analizzare e discutere a livello razionale una cosa che è fatta soprattutto di sensazioni, emozioni e sentimenti impoverisce il legame. Proprio per questo motivo, colui che puntualizza suscita molto spesso reazioni contrarie alle sue intenzioni.
- Recriminare: Ciò che può sembrare una forma corretta e legittima di chiarificazione, tende a produrre nell’accusato reazioni emotive di ribellione. Sentirsi inquisiti e condannati può far scaturire rifiuto e distacco emotivo.
- Rinfacciare: Il paradosso di questo atto comunicativo è che, contrariamente alle intenzioni di chi lo mette in pratica, amplifica ciò che vorrebbe correggere. Spesso, colui che rinfaccia si pone come vittima, finendo per indisporre l’altro che difficilmente cambierà comportamento. In altre parole, chi si pone come vittima costruisce i suoi aguzzini.
- Predicare: Si ha quando si traspone all’interno della relazione di coppia un metodo preso a prestito dalla morale o dal sermone religioso. Il comportamento altrui non viene criticato di per sé, ma sulla base di ciò che è giusto o ingiusto a livello morale. All’interno della predica, si può riscontrare la puntualizzazione, la recriminazione ed il rinfaccio vittimistico.
- Evocare: Si tratta di atti comunicativi in grado di sentenziare e, allo stesso tempo, evocare sensazioni fastidiose e tali da poter provocare un litigio. “Te l’avevo detto!“, “Lo sapevo io!“, “Non mi hai voluto ascoltare, vedi?!” sono tutte espressioni in grado di sovraccaricare emotivamente un possibile errore commesso. In altri termini, queste espressioni sono facilmente in grado di sottolineare e rimarcare l’errore del nostro partner, anziché alleggerire il peso del suo sbaglio.
Imparare a comunicare non è soltanto un modo per essere compresi dall’altro, ma una propria fonte di benessere: ciò che ci aiuta a sentirsi in due, ciò che crea sintonia, ciò che ci ricorda puntualmente su cosa si basa il nostro stare insieme.
“L’intelligenza non è non commettere errori, ma scoprire il modo di trarne profitto” B.Brecht