Hai mandato decine di CV senza avere risposta? Perseveri nella ricerca lavoro senza riuscire a venirne a capo? Sei sicuro/a che il tuo CV venga ricevuto e valutato adeguatamente dalle aziende a cui l’hai mandato?
Secondo le recenti statistiche, ormai più del 76% dei Curriculim Vitae (CV) inviati via email in forma di auto-candidatura, per una o più posizioni lavorative, viene cestinato senza nemmeno esser letto. La percentuale sfiora addirittura l’88% se consideriamo quelli aperti ed eliminati entro 30 secondi di tempo dalla ricezione.
Ora, nell’esaminare tali dati, non vogliamo essere ipocriti: la crisi economica ha inevitabilmente influito ed influenzato soprattutto il mercato del lavoro, nonché le libertà e le responsabilità di molti manager e dirigenti. Ad ogni modo, proviamo comunque ad interrogarci sul tema: siamo sicuri che, in assoluto, i risultati di tali statistiche siano solo conseguenza della crisi economica? E soprattutto, in relazione alla realtà di oggi, cosa è possibile fare per sovvertire la situazione?
Innanzi tutto l’analisi dei dati mette in risalto due aspetti fondamentali: l’invio del CV via email e la tempistica che responsabili e dirigenti dedicano alla sua lettura.
Dal mio punto di vista, il CV via email è ormai ampiamente superato. Insistere e perseverare in tale modalità significa ignorare la realtà; una realtà che lascia sempre meno spazio al singolo e che cerca in ogni modo di inglobarlo in logiche e tempistiche di massa e frenesia. Oltre a ciò, l’invio dello stesso mediante posta elettronica preclude ad ognuno di noi quello che tecnicamente viene chiamato “effetto prima impressione”. Mi spiego meglio: è stato stimato che la prima impressione di una persona influenza significativamente circa l’80% dei giudizi su quella stessa persona nei successivi 10 minuti. Ognuno di noi, quindi, subisce e costruisce dei giudizi impliciti sull’interlocutore nei primi 30 secondi d’interazione e questo processo sembra guidato molto più dai sensi che dalle cognizioni. In altre parole, nei primi 30 secondi d’interazione è possibile influenzare circa l’80% dei successivi giudizi, su di sé e sugli altri. Se ci pensate è tantissimo! Anzi, direi che è “troppo” per precludersi questa possibilità, perseverando in un’altra dimostratasi ormai fallimentare…
Comunicare in modo efficace, chiedere nei modi giusti un appuntamento o un incontro per poter parlare di sé e della propria professione è fondamentale per ritagliarsi una possibilità che diversamente non potremo giocarci. Curare il tono della voce, lo sguardo, il sorriso, l’abbigliamento e la gestualità sono tutti dettagli che possono influenzare l’interlocutore e che possono aprire un canale emotivo in grado di influenzare le valutazioni di chi hai di fronte.
Le ricerche in questo campo hanno evidenziato che se una persona si presenta in modo curato e gradevole nell’aspetto, saremo più inclini a considerarla anche simpatica, intelligente, affidabile e competente. Per dirlo con le parole di O.Wilde, “solo i superficiali non giudicano dalle apparenze”.
Relativamente alla stesura del CV, ormai siamo bombardati da una moltitudine di indicazioni che rischiano, a mio giudizio, di creare ancora più blocchi a chi, “ossessionato” dalla ricerca-lavoro, cerca di renderlo migliore possibile. Vorrei limitarmi, quindi, a poche caratteristiche: chiarezza, brevità, impatto.
Dal mio punto di vista, non esiste il CV perfetto. Per quanto ci sforziamo di renderlo dettagliato e minuzioso in ogni suo aspetto, rischiamo di esser dispersivi se non teniamo conto soprattutto di chi potrebbe riceverlo. Solitamente, un buon CV è quello che risponde alla richiesta dell’azienda, non tanto in tutto e per tutto, quanto nella centralità della risposta/candidatura rispetto alla domanda. Se l’offerta-lavoro richiede determinati requisiti, occorre che nella risposta essi appaiano chiari e in evidenza. Curare minuziosamente gli altri dettagli o le altre informazioni, rischia di appannare ciò che l’azienda sta realmente cercando e che, paradossalmente potresti essere in grado di offrire!
Gli errori più frequenti nella stesura di un CV riguardano soventemente la sua lunghezza e la sua incapacità di centrare la domanda. Assistiamo spesso a CV che non hanno intestazione, che non lasciano intendere a chi o a cosa vogliono rispondere e che, inevitabilmente, lasciano trapelare i seguenti messaggi: “sono in grado di fare tutto” o, peggio, “mi va bene tutto”. Messaggi che molto difficilmente potranno essere presi in considerazione da un’azienda o comunque da una realtà con un’esigenza precisa.
Affinché, quindi, un CV possa essere d’impatto, in relazione anche alla scarsa tempistica che molti datori di lavoro dedicano alla sua lettura, è fondamentale evidenziare gli aspetti e le competenze che più si addicono a rispondere all’esigenza mostrata. Questo deve inevitabilmente essere il punto di partenza, pena l’eliminazione del CV stesso. Far risaltare cosa abbiamo fatto, siamo in grado e/o vorremo fare a tale proposito è spesso un indice fondamentale. L’idea di chiarezza e di determinazione che traspare mette più facilmente il dirigente in grado di approfondire la nostra conoscenza sulla base di ciò che sta cercando.
In altre parole, il CV non può essere univoco e “onnipotente”, ma va calzato in relazione al destinatario, alle esigenze mostrate, alla tempistica e ai modi con cui – molto probabilmente – ti giocherai tutto.
Si tratta, quindi, di piccoli accorgimenti, o meglio adattamenti, che possiamo scegliere di adottare. Si, scegliere… Perché possiamo passare giorni e giorni seduti a lamentarci della crisi e delle sue vittime, o ad aspettare che qualcosa cambi, che qualcuno si accorga di noi… Diversamente possiamo provare a (ri)costruire noi stessi, ciascuno secondo le proprie possibilità e secondo la propria creatività, magari facendoci anche aiutare. In ogni caso, la scelta è solo nostra perché, come sottolinea R. De Chamfort, “il pessimista si lamenta al vento, l’ottimista aspetta che il vento cambi, il realista aggiusta le vele”.