Quando avviene una separazione, al di là di chi l’abbia voluta, si vive spesso come se dovessimo attraversare una tempesta. Questa tempesta, ovviamente, non è solamente legale o familiare (specialmente se ci sono dei figli), ma soprattutto emotiva. Molto spesso, si vive la separazione come un forte fallimento, come un qualcosa di cui vergognarsi, in grado di attirare facilmente il proprio e l’altrui giudizio.
In realtà, tutto ciò che ci accade, tutto quel che proviamo, riguarda il nostro spazio intimo, la nostra interiorità. Un matrimonio tormentato che dura da anni non ha a che vedere con l’evento che lo ha scatenato, ma con la nostra resistenza ad accettare che le cose siano andate in quel modo.
Questa resistenza può aggravarsi se ci abbandoniamo al giudizio degli altri, addirittura arrivando a credere che possano in qualche modo avere ragione. La separazione ed il dolore diventano qualcosa da evitare a tutti costi. Non lo si vive come la chiusura di un percorso che evidentemente doveva chiudersi, ma come un fallimento esistenziale, una sorta di peccato capitale.
Ogni dolore, per poter guarire, deve essere attraversato nella sua pienezza, non evitato. La miglior cura che si possa avere per andare oltre, riprendere in mano il cammino della vita e ripartire è fare i conti con ciò che è successo, accettandolo. Più resisti, più il dolore perdura. Più attribuisci la causa ad altri, più ti ingabbi e alimenti il malessere.
Non accettare “ciò che è” in virtù di “ciò che è stato” significa rimanere nel passato. Un passato che esiste solo nei tuoi ricordi malinconici.
“Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola” C.Pavese