Il panico può esser definito come la forma più estrema della paura.
L’escalation di sensazioni fino al panico avviene in un brevissimo e folgorante istante, dominato dalla percezione di un’incontenibile paura di morire o di perdere il controllo di sé (come di impazzire o di fare cose insensate).
La paura estrema porta la persona a mettere in atto dei tentativi di soluzione o di controllo della situazione che, come spesso accade, piuttosto che risolvere il problema lo mantengono e lo incrementano, creando un circolo vizioso caratterizzato da:
- Un tentativo di controllo della paura e delle sue manifestazioni organiche, attraverso un generale e continuo ascolto dei segnali del proprio corpo; un tentativo di controllare in ogni modo le proprie sensazioni e reazioni ansiogene. Proprio questi tentativi inseriscono la persona in un vero e proprio paradosso per cui più si cerca di controllare la paura, più essa aumenta;
- L’evitamento delle situazioni potenzialmente pericolose, che reiterato nel tempo porta, dal punto di vista della percezione di sé, a dubitare sempre più delle proprie capacità e a limitare progressivamente la propria libertà di movimento;
- La richiesta di aiuto che consente alla persona di affrontare le situazioni che non può evitare con l’aiuto di qualcuno. Un aiuto che diviene presto la stampella della quale non si può fare a meno, nonché la conferma del proprio stato d’incapacità personale.
La ripetizione di tali tentate soluzioni per qualche mese porta alla strutturazione di una sindrome da attacchi di panico.
La sindrome da attacchi di panico, oltre ad esser caratterizzata da sintomi fisici piuttosto noti come tachicardia, dispnea e affanno respiratorio, vampate di calore, tremori, nausea, vertigini e disorientamento, può lasciare la sensazione di essere costantemente una possibile preda della paura. In altre parole, la persona, arriva ad avere paura della paura, teme costantemente il ripetersi dell’attacco. Difatti, se l’attacco di panico dura poco tempo, l’ansia che ne consegue può essere avvertita anche per l’intera giornata: si ha la sensazione di non avere scampo.
Dal punto di vista sociale, queste persone possono tendere a ritirarsi o comunque a evitare tutto ciò che potrebbe essere fonte di pericolo, proprio per scongiurare l’attacco. Tendono a fare poche cose autonomamente e richiedono spesso compagnia (a volte anche telefonica) e frequenti rassicurazioni. Non sono infrequenti vari tentativi di razionalizzare tali timori, invitare la persona a riflettere e ragionare su un male che solo lei sente. Il panico è però una sensazione dominante: non ha niente a che fare con la logica. Anche le stesse neuroscienze hanno ampiamento dimostrato come la paura nasca e si sviluppi nella parte più arcaica del cervello (Paleoencefalo), che nulla a che fare con la moderna Corteccia Celebrale (sede dei processi logici).
In ogni caso, l’aspetto più comune e preoccupante che si riscontra in molte persone panicanti è la rassegnazione a questa condizione di vita, come se fosse ormai un qualche cosa che appartiene alla loro esistenza, come se avessero accettato di vivere una semi-vita.
In realtà, da questo problema si può uscire piuttosto rapidamente!
In che modo?
Obiettivo della Terapia Breve-Strategica è quello di rompere il circolo vizioso delle tentate soluzioni, attraverso specifici stratagemmi che portano la persona a superare completamente e definitivamente il problema e, successivamente, ad acquisire piena libertà e piena consapevolezza delle proprie risorse personali.
“L’indecisione, l’ansietà sono per lo spirito e per l’anima quello che la tortura è per il corpo” N. De Chamfort